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Monica Gorini

Monica Gorini

Monica Gorini è nata a Domodossola nel 1967. Dopo aver soggiornato in città estere, ora vive e lavora tra Milano e il Lago d’Orta. Diplomata all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, ha da sempre affiancato all’attività artistica la formazione in ambito pedagogico e didattico, collaborando con Università e con Accademie di Belle Arti. Monica Gorini è esperta di linguaggi para-verbali grazie agli studi, ma soprattutto per l’esperienza maturata in molti anni di lavoro con persone non vedenti e ipovedenti. Sviluppa nel tempo una forma di espressione che si avvale di diversi linguaggi contemporanei. Nel suo approccio “cross-modale alla Natura, ossia con una interconnessione tra i sensi, molto vicina alla sinestesia, il suo pensiero è olistico”, c’è il riconoscimento di una intelligenza dell’Universo che unifica il Tutto e che coinvolge molti aspetti del sapere: matematici, botanici, filosofici, estetici, scientifici, poetici, spirituali. Sensibilmente legata al mondo della natura e dei diritti, è alla ricerca di un’estetica che stimoli anche riflessioni attuali ed intime, finalizzate allo sviluppo di una coscienza sociale e di una nuova ecologia spirituale del mondo. La sua produzione artistica si distingue per il suo carattere esperienziale.

www.monicagoriniartist.com

 

Intervista a MONICA GORINI di Nicoletta Biglietti

Una sinestetica visione, un epistemico esperire e un significato che da “individuale” si fa collettivo. È con l’obiettivo di ricordare l’importanza trasformativa e generativa dell’arte che Monica Gorini, in occasione della seconda edizione di CONNEXXION – Festival diffuso di arte contemporanea a cura di Livia Savorelli e dal titolo …per essere liberi. Tra identità e memoria – presenta nell’Ex Carcere Sant’Agostino a Savona l’installazione Il giardino dentro. Poetica della libertà.
Un progetto grazie al quale un luogo anticamente inospitale, come una cella carceraria, si fa metafora della resistenza umana e ideale, grazie ad un’esperienza, “completa” immersiva e totalizzante.
Un camminare tra suoni profumi e percezioni tattili che accoglie, avvolge e trasforma, ricordando quanto sia essenziale guardare non solo con gli occhi ma soprattutto con l’anima.

Il progetto allestitivo, dal titolo Il giardino dentro. Poetica della libertà che hai ideato per l’Ex Carcere Sant’Agostino a Savona, è un’installazione realizzata pensando alle persone non vedenti e ipovedenti; una progettualità in cui le interconnessioni sensoriali diventano mentali ed emozionali. Com’è nata questa proposta?
Ho lavorato moltissimi anni con le persone non vedenti a diversi gradi e questa è stata sicuramente un’esperienza determinante per la mia crescita artistica, professionale ed umana, perché mi sono accorta che il “nostro” modo di vedere, in realtà, è terribilmente limitato rispetto alla profondità percettiva e sensoriale che i non vedenti riescono ad avere.
Da quel momento ho capito quanto fosse assolutamente necessario utilizzare tutti i sensi per riuscire a comunicare in modo completo la mia ricerca artistica, attingendo anche alla multimodalità, vicina alla teoria delle intelligenze multiple teorizzata da Howard Gardner, secondo cui ogni individuo contiene in sé nove diverse forme di intelligenza le quali, combinate tra loro, delineano gli esseri umani come unici e irripetibili.
Ho dunque compreso quanto, per arrivare al pubblico, a tutto il pubblico, fosse necessario utilizzare differenti linguaggi, coinvolgere contemporaneamente tutti i sensi in una prospettiva sinestesica e sollecitare le diverse tipologie di intelligenza di cui ognuno di noi è dotato.
E in particolare modo, in occasione di CONNEXXION, ho fatto tesoro delle mie precedenti esperienze, affidandomi anche a specialisti di specifici settori – ad esempio Christopher DiCas per la stimolazione dell’olfatto – trasformando una cella dell’Ex Carcere Sant’Agostino in un giardino interiore. O Meglio, in un Giardino dentro.
Alla base della mia progettualità c’è stata, tuttavia, una domanda fondamentale: che cosa può spingere un carcerato politico – cioè un uomo ingiustamente privato della libertà per idee contrastanti l’autorità vigente – a mantenere viva la voglia di vivere?
La risposta alla quale sono giunta è che senza una profonda determinazione e un’ineguagliabile forza interiore sarebbe davvero difficile resistere. Due aspetti, quest’ultimi, che ho immaginato come fattori in grado di generare un Giardino dentro all’uomo; uno spazio, cioè, sito nella mente del prigioniero, che muta, cresce, si rinnova e si nutre di cielo e di luce quali elementi in grado di tensionare verso l’alto tanto le specie vegetali quanto le idee.
Quelle idee capaci di fiorire e resistere nell’attesa di un domani di luce e libertà.

Un’installazione pensata per essere un’esperienza immersiva che accoglie, avvolge e “trasforma” i fruitori generando in loro una profonda interconnessione percettiva.
Come si è sviluppata la realizzazione de Il giardino dentro. Poetica della libertà?
Il mio desiderio era quello di creare un giardino da “vedere” in modo sinestesico, al di là della visita, cioè al di là di quella consueta – ma limitata – modalità di visione dell’uomo; quindi, inizialmente ho realizzato delle interviste a persone non vedenti e ipovedenti con cui avevo già collaborato per acquisire tutte le nozioni necessarie alla realizzazione dell’installazione.
Poi ho scelto la cella all’interno dell’ex Carcere, la più grande e con le pareti maggiormente regolari perché volevo un luogo in cui il fruitore non si sentisse sopraffatto dal peso di una stretta e soffocante muratura, ma libero di esplorarlo e conoscerlo, lasciandosi guidare anche dal tatto e dalla propria capacità propriocettiva.
Nella stanza ho ideato un percorso che i fruitori avrebbero dovuto compiere alla luce di un leggero bagliore verde, a ricordo dell’elemento vegetale, e poi – con la volontà di amplificare l’esperienza sensoriale del pubblico attraverso il potere evocativo dei suoni e degli odori – ho collocato delle tracce audio, riconducibili ad elementi naturali, e delle tracce olfattive, realizzate grazie alla collaborazione di Christopher DiCas, un profumiere greco molto visionario.
I visitatori, grazie alla partecipazione viva e attiva, entravano così in un luogo, un tempo inospitale, rendendolo poetico.
Una partecipazione capace di contribuire non solo alla “trasformazione” della cella stessa, ma anche di delineare, nell’animo dei fruitori, un passaggio percettivo dal senso di sottrazione vitale alla creazione di un dinamismo vitale e generativo.
Quel rinnovamento e quella rinascita che, in realtà, ognuno di noi può attivare nel momento in cui si ricongiunge con il proprio giardino interiore. Quel luogo di luce, speranza e “rinascita”, appunto, che ci fa ricordare quanto forte possa essere il nostro animo, anche di fronte alle insidiose difficoltà della vita.

C’è un aspetto che reputi particolarmente correlato tra l’opera e l’effetto che essa ha svolto sui fruitori?
Nella mia installazione ho utilizzato dei materiali di riciclo con l’intenzione di farli ritornare alla natura – dalle stoffe, gentilmente fornite dall’Azienda Dino Zoli Textile particolarmente sensibile al tema ambientale – sino alle piante, poi riportate nel vivaio da cui provenivano.
Un concetto strettamente collegato al tema centrale del giardino, quale luogo generativo di materie e – per estensione – anche di idee che si trasformano, si evolvono ma che ad esso ritornano.
Al contempo è un aspetto che credo rimandi anche a quello che reputo essere l’obiettivo della mia ricerca artistica, ovvero trasformare e far evolvere le persone, perché l’opera d’arte più grande è far di noi – di ognuno di noi – degli individui che amino la vita per tutte le meraviglie ch’essa ha da offrirci, senza mai dimenticare che la forza interiore – generativa e trasformativa – è insita in ognuno di noi. È solo necessario accoglierla e osservarla. Osservarla però, non solo con gli occhi, ma soprattutto con l’anima.

 

CELLA EX CARCERE SANT’AGOSTINO
Il giardino dentro. Poetica della libertà

Nella visione di Monica Gorini in Il giardino dentro. Poetica della libertà la voglia di vivere del carcerato e la sua volontà di mantenersi fedele alla propria interiorità si trasforma in un giardino rigoglioso, rappresentante una rigenerazione mentale del prigioniero vòlto ad immaginare nuovi scenari di libertà.
Grazie all’installazione immersiva – ideata anche con l’ausilio di persone non vedenti o ipovedenti, per amplificare il suo essere esperienza inclusiva – la cella dell’ex Carcere Sant’Agostino si trasforma in spazio poetico-esperienziale, in cui si attiveranno, grazie ad elementi di “Azione diretta”, stati d’animo e stimoli di flussi sensoriali.
Un orizzonte di informazioni tattili e olfattive innesca un gioco percettivo e cromatico, monocromatico a dire il vero, tra il virtuale e il reale, perché il luogo sarà percorso da un’illuminazione appena percepibile e direzionata, permettendo al fruitore di intravedere ma senza svelare. Il colore sensoriale verde è strumentale alla funzione comunicativa di un luogo-soggetto che non sarà mai completamente buio, ma costruito anche attraverso la qualità fisica della luce. Lo spazio angusto e costrittivo diventa un giardino, fresco, umido, profumato in un coinvolgimento corporeo e percorso da sonorità eloquenti per innescare un flusso emozionale.
Pensata per essere un’esperienza immersiva, l’installazione accoglie, avvolge, trasforma tramite l’ingaggio dei sensi, sollecitati in una interconnessione percettiva che a tratti presenta un aspetto sinestesico.
Le interconnessioni sensoriali finiscono per diventare interconnessioni mentali ed emozionali in un ribaltamento delle premesse: buio – luce guida, sopraffazione – forza delle idee, instabilità generale – equilibrio consapevole. Le leggi invisibili della natura possono aiutare l’uomo a far fiorire il suo giardino interiore e prendersene cura per trovare la forza e la determinazione di rimanere fedele ai propri ideali, anche in condizioni esterne completamente sfavorevoli.
L’installazione, realizzata utilizzando materiali eco sostenibili, è stata resa possibile grazie alla collaborazione di due importanti partner tecnici: l’azienda Dino Zoli Textile di Forlì ha fornito i tessuti con cui sono stati realizzati gli elementi tattili, mentre la dimensione olfattiva è stata curata da Christopher Dicas Haute Parfumerie.